L’isola spezzata di Cipro e l’ospite inquietante turco

NICOSIA – Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi. Impossibile non attingere alla massima gattopardesca per descrivere la nomina dell’ennesimo inviato a Cipro delle Nazioni Unite.

María Ángela Holguín Cuellar, ex Ministro degli Esteri della Colombia, ha ricevuto l’annoso incarico di riaprire il tavolo dei negoziati sull’isola di Afrodite. Dal 1974 è divisa de facto in due tra la Repubblica di Cipro, membro UE, e l’auto-proclamata Repubblica Turca di Cipro del Nord, riconosciuta solo dalla Turchia.

L’affare Cipro affonda le sue radici negli anni ’60, dal momento in cui il Regno Unito concede l’indipendenza all’isola. I britannici manterranno il solo controllo di Akrotiri e Dhekelia, tutt’oggi sede di due basi militari che si affacciano sulla costa del sud verso Siria, Libano, Israele, Palestina ed Egitto.

Nel ’59, a Zurigo, si concordò una Costituzione che stabiliva la rappresentanza politica per la minoranza turco-cipriota, attraverso un vicepresidente e un 30% del parlamento, onde evitare scontri con la maggioranza della popolazione greco-cipriota. Regno Unito, Grecia e Turchia sarebbero stati i garanti del processo di transizione.

Una vista di Paphos, sulla costa occidentale di Cipro – Foto: Kalaitsev

Ma l’intesa si ruppe ben presto, nel luglio del 1974, quando un golpe consumato dai paramilitari greco-ciprioti dell’EOKA-B, con la Guardia Nazionale Cipriota e l’avallo del regime greco dei colonnelli, depose il Presidente di Cipro e l’arcivescovo greco-ortodosso. La Turchia, in quanto garante, intervenne con le sue truppe “sequestrando” il 3% delle terre e in 5 giorni ristabilì l’ordine, determinando anche la successiva caduta della giunta militare in Grecia.

L’Operazione Attila però, fu più che un’opera di liberazione. Un mese dopo, mentre a Ginevra si trattava il futuro dell’isola, I turchi si stabilirono nella parte settentrionale, occupando il 36% del territorio, una fetta ben più ampia rispetto al 22% della comunità turco-cipriota, e in poco tempo avviarono una pulizia etnica. Da allora una linea verde di 180 km, concordata con le Nazioni Unite, divide le terre che ospitarono le civiltà più feconde del Mediterraneo.

Tra il 1974 e il 1975 oltre 60.000 turco-ciprioti dovettero abbandonare il sud dell'isola. La stessa sorte toccò ai 150.000 greco-ciprioti che popolavano la parte settentrionale.
9 anni dopo, nel 1983, la Repubblica Turca di Cipro del Nord (RTCN) si dichiarò Stato indipendente. Un titolo riconosciuto solo dalla Turchia, in quanto la comunità internazionale considera il nord un territorio occupato illegalmente.

Il Piano Annan (2002-2004)

Nel 2002 le Nazioni Unite si attivano con un piano di riappacificazione che prende il nome dall’allora segretario ghanese Koffi Annan. La proposta prevede una riunificazione delle due comunità cipriote attraverso una Repubblica federale. Tra i punti fondanti c’è la riduzione progressiva dei soldati turchi, che si aggiravano sulle 40.000 unità, e l’equiparazione della rappresentanza politica in Parlamento dei gruppi etnici, attribuendo il 50% dei seggi a entrambe le comunità. Stessa cosa per la Corte Suprema. Un rapporto sproporzionato vista l’alta percentuale di greco-ciprioti (78%) che popola l’isola.

Il disegno della nuova Cipro fu sottoposto separatamente a referendum il 24 aprile 2004 e come previsto nella RTCN la comunità turco-cipriota votò a favore con il 64,91% dei consensi, mentre nella Repubblica di Cipro i no dei greco-ciprioti furono il 75,83%.

7 giorni dopo la Repubblica di Cipro diventa membro dell’Unione Europea.

I punti caldi del Piano Annan:
- rientro dei profughi;
- restituzione delle proprietà;
- rappresentanza politica al 50%;
- riduzione progressiva dei soldati turchi;
- assoluzione della Turchia dalle responsabilità dell'invasione;
- con una Repubblica federale la RTCN entrerebbe automaticamente in UE.

Nuovi colloqui ONU (2014-2017)

Nel febbraio del 2014 le Nazioni Unite riaprono il canale dei negoziati. L’inviato norvegese, Espen Barth Eide, incontra Nicos Anastasiades (presidente di Cipro) e Derviş Eroğlu (presidente RTCN), ma i colloqui vengono sospesi in ottobre, dopo che la nave turca Barbados viola le acque territoriali cipriote. Sarà solo la prima di una serie di provocazioni del governo turco nel rinnovato interesse sui giacimenti di gas del Mediterraneo.

L’elezione nel 2015 di Mustafa Akıncı aprirà le maglie dei negoziati: il turco-cipriota era noto per la sua apertura ad una Federazione bicomunitaria e bizonale. E infatti gli incontri andranno avanti fino al luglio del 2017, nello storico meeting di Crans-Montana, in Svizzera.

Ma nella piccola località sciistica si arenerà di nuovo tutto. Secondo le indiscrezioni per la percentuale di territori da ripartire: Akıncı chiedeva tra il 28,2 e il 29,2% delle terre. Inoltre, per Anastasiades il piano avrebbe garantito il rientro e il recupero delle terre solo per 90.000 greco-ciprioti, a fronte dei 170.000 aventi diritto.

Tra le strade di Varosia (Famagosta). Dopo gli scontri del ’74 è stata confinata, oggi è un quartiere fantasma – Foto: Sebah Kemal Cansu

La Turchia e il Mediterraneo

Nell’ultimo decennio è diventato chiaro il ritrovato interesse turco per il Mediterraneo. La nuova partita geopolitica si sta giocando sulla base delle scoperte di giacimenti di gas nell’area orientale del mare. Nuove riserve sono state trovate a largo di Israele e Libano (Leviathan, 600mld di m3, uno dei più grandi al mondo, e Tamar ), dell’Egitto (Zohr, 300mld di m3) e non ultime quelle intorno all’Isola di Cipro, che sostanzialmente hanno spostato lo scontro cipriota da questione terreste a questione marittima.

È in questo contesto che si inserisce l’intesa tra Ankara e il governo di accordo nazionale di Tripoli (Libia) del 2019. Un patto che, in barba al Diritto del mare (Convenzione di Montego Bay, 1982) sulla delimitazione delle zone economiche esclusive, avvalora la tesi turca secondo la quale le isole non possiedono una piattaforma continentale. Questo permetterebbe alla Turchia di introdursi nelle zone sotto la giurisdizione greca e greco-cipriota, vincolando i paesi del Mediterraneo a tener conto della presenza turca in ogni discussione sul futuro politico ed economico dell’area.

Mappa dell’area di riferimento dell’accordo turco-libico – Fonte: wikimedia

Lo scontro è aperto e il conflitto ucraino, con il conseguente blocco alle esportazioni di gas russo, hanno amplificato le provocazioni. I contrasti tra Grecia e Turchia sono continui: invasioni degli spazi aerei e marittimi, accordi con paesi limitrofi che tendono ad escludere l’uno o l’altro paese e infine l’alterco religioso tra la chiesa greco-ortodossa e l’islam turco (vedere la riconversione a moschee delle chiese come Santa Sofia, San Salvatore in Chora e Santa Sofia di Edirne).

Dal 2023 il Segretario di Stato americano Antony J. Blinken ha attivato la revoca parziale delle restrizioni al commercio di armi per la Repubblica di Cipro, in vigore dal 1987 per favorire la pace sull’isola, consentendo l’esportazione e i trasferimenti di articoli per la difesa. Il provvedimento rientra nel più ampio progetto del 2019, l’Eastern Mediterranean Security and Energy Partnership Act, che riorienta le attenzioni statunitensi nel Mediterraneo. Sarà rinnovato con cadenza annuale, affinché l’isola si impegni a interdire l’accesso dei porti alle navi russe.

Varosia (Famagosta). Dopo gli scontri del ’74 è stata confinata, oggi è un quartiere fantasma

Il futuro di Cipro

Il futuro dell’Isola di Cipro rimane un punto interrogativo. La nuova inviata delle Nazioni Unite ha un mandato di sei mesi. Ed Ersin Tatar, attuale presidente di Cipro del Nord, è apertamente ostile alla riunificazione e a favore della soluzione a due Stati. Pochi giorni fa ha dichiarato: “Non ci saranno negoziati finché la TRNC non sarà riconosciuta come uno Stato sovrano ed egualitario“.

La popolazione sta ancora pagando le decisioni sbagliate di mezzo secolo fa, al tempo in cui l’invasione turca poteva esser respinta con forza a livello diplomatico.

Non è un caso che alla morte di Henry Kissinger, storico segretario di stato USA, in molti gli abbiano addossato le colpe di una politica troppo permissiva durante la crisi cipriota del ’74. All’epoca consigliò al presidente Ford che non c’era alcuna ragione per intervenire contro la Turchia, aggiungendo che “la tattica turca è giusta: prendere ciò che vogliono e poi negoziare sulla base del possesso“. Una posizione che ancora oggi non si spiega, considerando che la Grecia era un alleato e non c’era il rischio che un intervento spostasse la Turchia verso l’URSS. D’altronde nel ’56 gli Stati Uniti non si erano fatti troppi problemi ad intervenire contro Francia e Regno Unito, alleati NATO, durante la nazionalizzazione egiziana del Canale di Suez.

L’unica certezza è che la partita di Cipro è scivolata da una contesa tutta terrestre, alla più ampia disputa marittima e qui gli attori si sono moltiplicati.

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