Turchia-UE, un amore malato

BRUXELLES – Un passo avanti e tre indietro per la Turchia. Il rapporto 2023 della Commissione Europea sullo stato del Paese guidato da Recep Tayyip Erdoğan, in lizza per l’adesione, è un elenco deprimente di marce indietro sui temi cari all’UE.

Istituzioni che non funzionano, arretramento democratico e carenze strutturali nel sistema presidenziale. I punti chiave sotto osservazione mantengono un “rating” negativo, alimentando l’idea di un fidanzamento di facciata che si trascinerà finché avrà un senso geopolitico.

Nella settimana in cui Ursula von der Leyen attraversa in lungo e in largo i Balcani occidentali, con l’orizzonte 2030 per sei Paesi dell’ex Jugoslavia, il candidato più anziano che riposa tra Europa e Asia appare sempre più un parente lontano. Sviluppi concreti non se ne vedono da anni. Si registrano accordi, memorandum d’intesa, ma il rapporto rimane quello di due entità straniere che cooperano su singoli temi.

Mentre l’UE medita un allargamento di necessità, la Turchia di Erdoğan mercanteggia, pone condizioni e rimane al palo su ogni linea di adeguamento.

Il Parlamento Europeo ha più volte riconosciuto che, nonostante le ripetute dichiarazioni della Turchia di voler diventare uno Stato membro, il Paese si è costantemente sottratto agli impegni assunti nell’ambito del processo di adesione.

Alle ultime consultazioni di maggio, per l’elezione del Presidente e il rinnovo del Parlamento, ancora una volta è emersa la mancanza di pluralismo politico. Copertura mediatica parziale, attacchi ai partiti d’opposizione e ai singoli parlamentari, pressioni sui governi locali e controllo sulle autorità di regolamentazione.

La presidenza continua a mantenere il potere centralizzato, senza garantire una effettiva divisione tra il potere esecutivo, legislativo e giudiziario.

Nonostante i vari pacchetti di riforma giudiziaria, le carenze strutturali rimangono irrisolte. Continuano le pressioni indebite su giudici e pubblici ministeri, come il rifiuto di attuare gran parte delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Mancano criteri oggettivi basati sul merito per il reclutamento e la promozione degli addetti ai lavori. Senza contare l’impasse nei settori chiave della lotta alla corruzione.

Per decenni i rapporti tra Turchia e UE sono stati fruttuosi nel campo del commercio e della cooperazione all’interno della NATO, ma i recenti eventi geopolitici, legati ai flussi migratori e agli scontri armati, hanno scosso anche quel che di positivo era stato fatto.

L’intervento militare in Siria, le attività illegali nell’isola di Cipro, le incursioni aeree sul territorio greco e i rapporti ambigui con Putin. La meticolosa attività di Erdoğan delinea un abile schema politico che se ne fa ben poco delle linee di comportamento sussurrate da Bruxelles.

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Da sinistra a destra, Charles Michel, Presidente del Consiglio Europeo e Recep Tayyip Erdoğan, Presidente della Turchia, al vertice NATO di Madrid il 29 giugno 2022 – ©European Union EC

La Repubblica parlamentare turca di fatto si è trasformata in un sistema presidenziale, caratterizzato dall’accentramento del potere nelle mani del suo leader e da una serie di derive autoritarie che hanno visto il culmine dopo il tentato colpo di Stato del 2016. Anno che ha dato il via a dure epurazioni e leggi ad hoc per bloccare ogni forma di dissenso politico e civile.

E mentre giornalisti, professori e migliaia di civili scesi in piazza venivano arrestati e condannati, a Bruxelles si chiudeva l’accordo con Ankara sui rifugiati. Una misura di sbarramento per i migranti irregolari che attraverso il confine greco-turco entravano in Europa.

6 miliardi di euro (con una ulteriore iniezione di 485milioni nel 2020) e una promessa di liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi, che ancora non ha visto la luce.

Soldi per i bisogni di base, l’assistenza sanitaria, la protezione, le infrastrutture municipali, la formazione, l’occupazione e lo sviluppo imprenditoriale per i rifugiati e le popolazioni vulnerabili locali, recita il memorandum di intesa.

La questione resta tutt’ora un caso spinoso. Il controllo delle frontiere rimarrà fondamentale. L’Unione Europea manterrà qualsiasi azione per impedire ai migranti l’entrata in Europa e la Turchia continuerà a giovare di questa emergenza.

I motivi che tengono lontani Unione Europea e Turchia sono molteplici, non saranno le sporadiche dichiarazioni di volontà, da entrambi le parti, a creare un terreno fertile per l’adesione al gruppo dei 27.

Date le difficoltà dell’economia turca, gli aumenti del fisco e il tasso d’inflazione che per la fine dell’anno si attesterà al 65%, è più realistico immaginare un intervento sulla modernizzazione dell’unione doganale. Una misura che ciclicamente si ripropone e che Erdoğan vuole davvero. L’Europa è il partner economico principale. Il 41% delle esportazioni turche è diretto in Europa, principalmente in Germania e Italia, e il 26% delle importazioni proviene dall’UE (dati della Commissione Europea).


Settembre 1959 : la Turchia chiede di diventare membro associato della Comunità economica europea (CEE).

Settembre 1963 : firma dell’Accordo di Associazione, volto a rafforzare la cooperazione economica e realizzare un’unione doganale tra la Turchia e la CEE.

Aprile 1987 : la Turchia presenta la domanda formale di adesione alla Comunità economica europea.

Gennaio 1995 : accordo UE-Turchia che crea un’unione doganale.

Dicembre 1999 : il Consiglio Europeo riconosce la Turchia come paese candidato.

Dicembre  2004 : il Consiglio Europeo decide di avviare i negoziati di adesione con la Turchia.

Ottobre 2005 : inizio dei negoziati di adesione.

Dicembre 2013 : l’accordo di riammissione UE-Turchia viene firmato parallelamente all’avvio del dialogo sulla liberalizzazione dei visti.

Novembre 2015 : in occasione dell’incontro dei leader UE-Turchia, entrambe le parti concordano sull’attivazione di un piano d’azione comune volto a porre fine alla migrazione irregolare dalla Turchia verso l’UE.

Novembre 2015 : viene istituito lo strumento per i rifugiati in Turchia, in risposta alla richiesta del Consiglio Europeo di finanziamenti aggiuntivi significativi per sostenere i rifugiati siriani in Turchia, con un bilancio iniziale di 3 miliardi di euro (raddoppiato a 6 miliardi di euro nel marzo 2016 ). 

Marzo 2016 : l’UE e la Turchia concordano una dichiarazione congiunta sulla base del piano d’azione congiunto del novembre 2015.

Dicembre 2016 : la Commissione europea adotta una raccomandazione per l’apertura dei negoziati con la Turchia sulla modernizzazione dell’unione doganale.

Giugno 2018 : il Consiglio Affari generali decide che i negoziati di adesione della Turchia sono effettivamente giunti a un punto morto e che non è possibile prendere in considerazione l’apertura o la chiusura di ulteriori capitoli a causa dell’ulteriore allontanamento della Turchia dall’Unione europea.

Marzo 2019 : si svolge a Bruxelles il 54° Consiglio di associazione UE-Turchia.

Luglio 2019 : alla luce delle attività di trivellazione non autorizzate della Turchia nel Mediterraneo orientale, il Consiglio decide di sospendere il Consiglio di associazione UE-Turchia, nonché il dialogo politico ad alto livello e i dialoghi settoriali su economia, energia e trasporti.

Novembre 2019 : l’UE adotta un quadro per misure mirate contro la Turchia per le sue attività di trivellazione illegali nel Mediterraneo orientale.

Marzo 2021 : l’UE esprime la propria disponibilità a impegnarsi con la Turchia in modo graduale, proporzionato e reversibile per rafforzare la cooperazione in una serie di settori di interesse comune.

Febbraio 2023 : conferenza dei donatori per le popolazioni della Turchia e della Siria colpite dal terremoto. L’UE stanzia 1 miliardo di euro per l’assistenza umanitaria e gli sforzi di ricostruzione.

Giugno 2023 : il Consiglio europeo invita l’Alto rappresentante e la Commissione a presentare una relazione al Consiglio europeo sullo stato delle relazioni UE-Turchia.

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