Cala la democrazia in Europa

La democrazia europea sta subendo un calo. Nonostante continui a registrare la più alta performance a livello globale, le sfide in corso nelle democrazie di lunga data come l’Austria, i Paesi Bassi, il Lussemburgo, il Portogallo e il Regno Unito, tanto quanto il deterioramento nelle democrazie più giovani come la Polonia, suggeriscono una riflessione e una riconsiderazione delle priorità. È il percorso tracciato dall’International Institute for Democracy and Electoral Assistance nel rapporto Global State of Democracy. Un’iniziativa che dal 2016 analizza i dati sullo stato e sulla qualità delle democrazie di 173 paesi del mondo attraverso 4 indicatori: i diritti, lo Stato di diritto, la rappresentanza e la partecipazione.

L’elevata performance dell’Europa settentrionale e occidentale nasconde un calo dello Stato di diritto nell’ultimo quinquennio. L’Austria ad esempio ha subito una contrazione nella libertà di espressione e nella libertà di stampa. Il Portogallo è stato responsabile della metà di tutte le diminuzioni dell’area meridionale.

A destare preoccupazione sono anche le pressioni provenienti da est del gruppo, considerato non democratico, Turchia, Bielorussia, Azerbaigian e Russia. Esempio lampante di esercizio destabilizzante in una regione prevalentemente democratica.

Parte dei Paesi si trovano tra i due poli degli Stati dell’Europa settentrionale e occidentale, dalle alte prestazioni ma in modesto declino e le non-democrazie consolidate e le forze internazionali che fanno pressioni. Oltre alle sfide dell’inflazione, dei cambiamenti climatici e delle conseguenze socioeconomiche dei conflitti armati.

Polonia e Ungheria hanno registrato cali significativi in tutti gli indicatori chiave tra il 2017 e il 2022. Nonostante il congelamento dei finanziamenti da parte della Commissione Europea, a causa delle ripetute violazioni dello Stato di diritto, entrambi i paesi rimangono generalmente irremovibili. Esempi evidenti che mostrano la limitata capacità del blocco di esercitare un’influenza diretta.

A sinistra Mateusz Morawiecki, Primo Ministro polacco insieme a Viktor Orbán, Primo Ministro ungherese – Foto: © European Union EC

Continua anche l’incertezza nei Balcani. Nei comuni settentrionali del Kosovo dominati dall’etnia serba si sono intensificate le tensioni. In Bosnia-Erzegovina il leader serbo-bosniaco della Repubblica Srpska, Milorad Dodik, ha avanzato le sue minacce secessioniste e la retorica separatista, minando l’autorità statale e gli organi costituzionali.

Ma ci sono anche notizie positive. Malgrado le flessioni di alcuni paesi, l’Europa centrale è stata anche l’epicentro della crescita democratica dell’ultimo quinquennio. Tra il 2021 e il 2022 è stata responsabile dell’80% degli aumenti europei. A guidare il gruppo ci sono Slovenia, Repubblica Ceca, Lettonia, Lituania e Macedonia del Nord. Progressi notevoli considerando il gap ancora esistente con i paesi del nord Europa, Germania, Norvegia e Danimarca in testa.

Il Kosovo registra avanzamenti con elezioni credibili e maggiore integrità personale. La Macedonia del Nord sale nel welfare di base, nel governo eletto, nell’integrità personale e nella sicurezza.

Svetta la Slovenia contribuendo per il 45% al progresso europeo, seguita dalla Repubblica Ceca con il 20%. I due paesi sono considerati modelli di rinnovamento democratico grazie alla forte mobilitazione civica e all’emergere di leader liberali. In Slovenia, oltre all’introduzione di riforme volte a proteggere i media e ad espandere i diritti alle minoranze, nel 2022 è anche stato legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

La performance dei Paesi baltici in termini di rappresentanza sta cominciando ad avvicinarsi ai livelli dei paesi nordici. L’Estonia, dove la rappresentanza delle donne in Parlamento ha stabilito un nuovo record dopo le elezioni del 2023, ha ottenuto risultati superiori a Norvegia e Finlandia, raggiungendo il terzo posto. Segue la Lettonia che scala 13 posizioni e arriva al 44° posto.

In primo piano Kaja Kallas, Primo Ministro estone (a sinistra) e Jutta Urpilainen, Commissaria europea per i partenariati internazionali (a destra) in un vertice a Tallinn – Foto: © European Union EC

In Moldavia il governo si è concentrato sulla riforma del sistema giudiziario attraverso l’adozione di una legge sul controllo preventivo dei candidati ai consigli giudiziari e delle procure e l’istituzione di un nuovo tribunale anticorruzione. L’ex repubblica sovietica è anche salita di 14 posizioni nella classifica della partecipazione rispetto a 5 anni fa. Nonostante il rifiuto del sindaco di Chisinau, nel 2022 si è tenuto il più grande Pride della storia del paese.

E l’Unione Europea? Come istituzione compensativa sovranazionale sta dimostrando la volontà di vincolare gli Stati membri a determinati principi e standard di democrazia, impegnandosi nella sua promozione anche all’esterno dei confini. Le iniziative si sono concentrate sulla promozione della partecipazione civica e dell’uguaglianza di genere, sulla libertà dei media e sulla garanzia dell’integrità delle elezioni (lotta alla disinformazione e alle interferenze straniere).

Ha mobilitato le nazioni nel sostegno all’Ucraina e sta adottando misure per rilanciare il processo di allargamento. Moldavia e Ucraina hanno ottenuto lo status di candidate all’Ue. Si sta esaminando la domanda di adesione della Georgia ed è stato rinvigorito il processo di adesione di Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord e Albania. Per il Kosovo invece, è arrivata l’agognata esenzione all’uso del visto sul suolo dell’UE.

Purtroppo mostra ancora forti limiti nella capacità di agire unita nel processo decisionale e non è immune da casi di corruzione, come è avvenuto con lo scandalo Qatargate.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *