Il tramonto di António Costa, l’inventore della geringonça

LISBONA – Otto anni di governo e un’ambizione spezzata di diventare il Primo Ministro più longevo della storia portoghese. Le dimissioni del socialista António Costa, in seguito ad un’inchiesta giudiziaria, irrompono prepotenti nel panorama politico a pochi mesi della elezioni europee.

Definito un uomo abile e astuto, soprattutto per le modalità con cui salì al potere nel 2015, nonostante la sconfitta alle urne, l’ex sindaco di Lisbona, finora, era ascritto alla storia politica portoghese per la nota geringonça (il pasticcio, l’accozzaglia).

Questa parola, che sul finire del 2015 si è imposta nel gergo politico, rappresenta quella creatura improbabile che António Costa riuscì a creare con l’alleanza parlamentare tra il Partito socialista (PS), il Blocco di sinistra (BE), il Partito comunista (PCP) e i Verdi (PEV). Fu in grado di abbattere il muro che divideva il socialismo portoghese da tutti i partiti alla sua sinistra. La geringonça durò fino all’ottobre del 2021, quando BE, PCP e PEV respinsero l’approvazione del bilancio statale per il 2022 insieme all’opposizione di destra.

Il leader del Partito socialista António Costa a colloquio con l’allora Presidente della Repubblica Aníbal Cavaco Silva, 24 novembre 2015 – Foto: ©Presidência da República Portuguesa

La parabola di António Costa

Costa è salito al potere con l’eredità più pesante: un paese fanalino di coda tra le economie più fragili dell’Unione Europea, osservato speciale per il rischio bancarotta, secondo solo alla Grecia.

Nel 2009 Bruxelles avviò una procedura d'infrazione per eccesso di deficit, 9% del PIL rispetto alla soglia consigliata del 3. Nel 2011 furono imposte pesanti misure di austerity a causa del prestito da 78 miliardi concesso dal Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e Commissione Europea. Nel 2015 il debito pubblico ammontava al 130% del PIL nazionale e i titoli di Stato erano classificati come junk, spazzatura.

Mentre il Paese viveva la migrazione di massa più grande degli ultimi 50 anni, le urne dell’ottobre 2015 consegnarono un sostanziale stato di ingovernabilità. Nessuna maggioranza chiara.

Qui inizia la storia di António Costa, l’avvocato nato a Goa, ultimo possedimento portoghese in India, figlio di un noto scrittore comunista e di una delle prime giornaliste donna del Paese.

Costruisce le sue alleanze a sinistra e arriva a Palazzo di São Bento con la promessa di combattere l’austerity, imposta dal precedente governo socialdemocratico e di risanare i bilanci pubblici senza affossare l’economia.

E la sua rielezioni nel 2019, stavolta con ampia maggioranza dei consensi, conferma la riuscita del suo progetto. Dal 2015 il salario minino aumenta quasi del 70%, per tutto il 2024 rimarrà bloccato a 820 euro. Nel 2017 il Portogallo si mette alle spalle la procedura d’infrazione e due anni dopo registra il primo saldo positivo del bilancio. Il debito pubblico chiuderà il 2023 intorno al 103% del PIL (nel 2015 era al 130%). Nel 2022 le esportazioni hanno superato il 50% del PIL e l’indice di disoccupazione si è attestato al 6,7%. Il tutto si va ad inserire negli anni della pandemia e della crisi russo-ucraina che ha fatto impennare il tasso di inflazione al 10% nell’ottobre 2022 (per la fine del 2023 si dovrebbe stabilizzare intorno al 5%).

Palazzo di São Bento, residenza del Primo Ministro portoghese a Lisbona – Foto: ©European Union EC

Detto questo, come spesso sottolineano i suoi detrattori, Costa ha sicuramente giovato delle riforme di austerità avviate dai socialdemocratici di Pedro Passos Coelho, senza smantellare l’impianto concordato con la Troika.

Tra le iniziative che più hanno inciso sulla rinascita del Portogallo, ci sono stati il dimezzamento dell’IVA per alberghi e ristoranti, le agevolazioni fiscali per i residenti stranieri e i famosi visti d’oro, rilasciati a chi acquista immobili di pregio. Interventi che hanno letteralmente fatto impennare l’intero settore del turismo lusitano.

L’inchiesta e le dimissioni

Il 7 novembre, António Costa si presenta davanti ai giornalisti e annuncia le sue dimissioni da Primo Ministro. Poche ore prima un comunicato della Procura Generale informava che Costa era oggetto di un’inchiesta indipendente aperta presso la Corte Suprema di Giustizia. In mattinata a Palazzo di São Bento erano entrati gli agenti di polizia, per effettuare perquisizioni nell’ambito di un’indagine giudiziaria ribattezzata “Influencer“.

Presunti casi di corruzione, traffico di influenze e abuso d’ufficio, che hanno investito personaggi chiave vicini al Primo Ministro, come il Capo di gabinetto, Vítor Escária, il Ministro delle Infrastrutture, João Galamba, il Ministro dell’Ambiente, Duarte Cordeiro e il suo predecessore João Pedro Matos Fernandes. Oltre all’imprenditore, consulente e amico personale di Costa, Diogo Lacerda Machado e al sindaco di Sines, Nuno Mascarenhas.

Al centro, l’istallazione di un data center ‘sostenibile’ nel complesso portuale e industriale di Sines (valore dell’operazione 5,7 miliardi) e le attività legate all’idrogeno e alle miniere di litio a Montalegre, nel nord del paese.

“Rimango a testa alta e con la coscienza pulita” ha dichiarato Costa in conferenza stampa. “Ma la dignità del ruolo di Primo Ministro non è compatibile con alcun sospetto circa la sua integrità, il suo buon comportamento e, ancor meno, con il sospetto del compimento di un qualsiasi atto criminoso”.

Il governo è rimasto in carica per la votazione del bilancio statale, fondamentale nell'ambito dei finanziamenti europei del PRR (Piano di Recupero e Resilienza). 
Il Presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa, ha accettato le dimissioni di Costa, stabilendo che l'ultimo Consiglio dei Ministri si terrà il 7 dicembre. L'assemblea parlamentare verrà sciolta il 15 gennaio e si tornerà a votare il 10 marzo 2024.

Dopo il ritrovamento di 75mila euro in contanti nell’ufficio di Vítor Escária e il suo arresto preventivo, l’indagine ha pian piano mostrato alcune falle.

Prima la trascrizione errata dell’intercettazione, dove in realtà si faceva il nome di António Costa Silva, Ministro dell’Economia. Poi la citazione errata di un decreto del Ministro delle Infrastrutture, João Galamba, che secondo gli inquirenti avrebbe favorito le autorizzazioni per la collocazione della fibra ottica del data center di Sines, ma in realtà riguardava altre questioni. Infine un’altra incomprensione nelle intercettazioni telefoniche, nel quale sarebbe emersa una riunione segreta nella sede dei socialisti a Lisbona, tra Vítor Escária, un imprenditore inquisito e Lacerda Machado, il consulente-amico di Costa. Riunione che non sarebbe mai avvenuta. Lo stesso pubblico ministero avrebbe riconosciuto la confusione con una telefonata in cui un intercettato dichiarava di “passare di fronte la sede del partito“.

Il Presidente della Repubblica portoghese Marcelo Rebelo de Sousa – Foto: ©European Union EC

La corsa al voto

Mentre le indagini vanno avanti, il Portogallo si prepara alla nuova tornata elettorale. In casa socialista si è già aperta la corsa a tre. Il 15 e 16 dicembre ci sarà il voto dei membri per scegliere chi guiderà il partito. C’è José Luís Carneiro, Ministro dell’Amministrazione Interna in carica, Pedro Nuno Santos, ex Ministro delle Infrastrutture, il favorito secondo i sondaggi, e Daniel Adrião, leader della corrente minoritaria del partito, già ostile al dimissionario Costa.

Dagli ultimi rilevamenti, Carneiro sarebbe il Primo Ministro più auspicabile per i portoghesi, con un 38% di consensi (contro il 34% di Pedro Nuno Santos). Il titolare dell’Amministrazione Interna vince nettamente tra gli elettori dei partiti di destra. Pedro Nuno Santos invece, è il favorito alla leadership del PS tra gli elettori socialisti, con un 52% (contro il 50% di Carneiro), oltre a godere della simpatia dell’elettorato più di sinistra, che ancora lo ricorda nella prima versione della geringonça di Costa. L’ex Ministro delle Infrastrutture è in vantaggio anche in previsione del ricorso ad un accordo parlamentare forzato con tutti gli schieramenti di sinistra, come nel 2015.

Pedro Nuno Santos – Foto: ©2023 Governo da República Portuguesa

Sulla possibilità di una nuova geringonça, il candidato del partito socialdemocratico, Luís Montenegro, è stato chiaro: “l’accordo del PS con i tre partiti (BE, PCP e PEV) è stato dannoso per la vita delle persone” ha dichiarato sabato scorso durante il Consiglio strategico nazionale. Per Montenegro quella politica non è finita nel 2019, continua tutt’oggi per convinzione. “L’ostinazione, il blocco ideologico nei settori della sanità, dell’istruzione e dell’edilizia abitativa sono responsabili della perdita di qualità in ambiti fondamentali della vita dei portoghesi” .

A chi gli ha fatto notare che ancora non si conosce la squadra che lo accompagnerà e l’assenza di figure d’esperienza in circolazione, Montenegro ha risposto che “la squadra è con me, è grande in quantità ed è enorme in qualità” , rimandando però gli annunci e alludendo ad una fiducia nelle nuove generazioni.

C’è stato spazio anche per una sequela identitaria sul simbolo istituzionale del Governo, che da qualche tempo è stato rivisitato nel design: “Se diventerò Primo Ministro il nuovo simbolo non sarà più il riferimento. Questo fa la differenza: nel nostro progetto non soccombono i nostri riferimenti storici e identitari all’idea di essere più sofisticati, basta con la politica della plastica”.

Il leader populista di Chega, André Ventura – Foto: wikimedia commons

Intanto l’ultra destra populista e la sinistra eco-socialista e femminista, battono il chiodo della legalità dalle rispettive assemblee di partito.

“Invece di una riflessione critica o invece di ammettere la crisi politica e sociale che ha lasciato la maggioranza, ciò che vedo sono candidati pronti ad assumere l’eredità come se si trattasse di una semplice successione” così Mariana Mortágua, Coordinatrice nazionale del Blocco della Sinistra portoghese (BE) non esita a condannare gli ex compagni del PS. “Per la gravità e le conseguenze che ha avuto, il Procuratore Generale della Repubblica avrebbe dovuto fornire spiegazioni su quanto accaduto”.

Gli fa eco il nazionalista André Ventura, leader di Chega, che si è rivolto direttamente al Presidente della Repubblica chiedendo la pubblicazione del verbale del Consiglio di Stato, in cui si è discusso dello scioglimento dell’Assemblea parlamentare e della destituzione del Governo. Alla base ci sarebbe la dichiarazione di un consigliere di Stato, secondo cui António Costa avrebbe fatto pressioni al Presidente della Repubblica per convocare Lucília Gago, la consigliera che si stava occupando dell’inchiesta Influencer, affinché potesse dare spiegazioni sul suo coinvolgimento.

L'interregno portoghese durerà ancora 3 mesi prima delle elezioni. La corsa alla successione di António Costa è già entrata nel vivo, ma non sarà facile voltare pagina. Ovviamente è la fine di un'epoca e gli equilibri politici non sono così scontati. 

Il Partito socialista parte in vantaggio, ma l’indagine Influencer sarà un macigno per la campagna elettorale, soprattutto perché nei 20 mesi del Costa III già c’erano state delle avvisaglie. Dal TAPgate che aveva portato alle dimissioni di Pedro Nuno Santos, ai comportamenti equivoci del suo successore, João Galamba, nell’assegnazione delle concessioni per la ricerca del litio. Costa se l’era sbrigata con la sua proverbiale capacità politica. Ma ora che il socialismo portoghese è rimasto orfano della sua guida, i punti interrogativi si sono moltiplicati.

Con i socialdemocratici in cerca di una leadership forte e la sinistra (BE, PCP e Verdi) che paga i postumi della rottura della geringonça, il nuovo che avanza è rappresentato dai populisti di Chega, 7,5% alle elezioni del 2022 e i sondaggi che lo davano al 15% già prima della crisi di governo. Il partito è guidato da André Ventura, presente con un video-messaggio anche alla convetion di FirenzeFree Europe“, l’evento che ha unito 12 partiti europei di estrema destra in vista delle politiche di Bruxelles del prossimo giugno.

Chega ha davanti a se il terreno ideale per la sua battaglia nazionalista, euroscettica e anti-sistema. Il 10 marzo i portoghesi saranno attesi alle urne per un voto che potrebbe mettere in discussione l’intero sistema politico emerso nel 1976, a poche settimane dal cinquantesimo anniversario della Rivoluzione dei garofani.

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