Le mille e una notte di Santa Sofia

ISTANBUL – Varcare la porta della basilica di Santa Sofia è un meraviglioso viaggio attraverso il tempo. L’intero edificio rappresenta l’evoluzione di epoche, civiltà e religioni. Come Le mille e una notte, Santa Sofia (Hagía Sofía in turco) è un’autentica raccolta di racconti.

Chiariamo subito: dal 10 luglio 2020 è ufficialmente conosciuta come la Grande Moschea Benedetta della Grande Hagia Sophia. Il 24 dello stesso mese si è svolta la prima preghiera pubblica islamica del venerdì. Ma andiamo per gradi.

Nel 360 d.C. l’imperatore Costanzo I decise di far costruire una basilica per la Chiesa cristiana greco-ortodossa, religione ufficiale dei bizantini. Allora la città si chiamava ancora Costantinopoli, dal glorioso imperatore Costantino, primo sovrano dell’Impero bizantino. L’edificio rispecchiava le tradizionali basiliche latine, con doppio atrio, gallerie, colonnato e tetto in legno. Nel 404 d.C., in seguito ai duri scontri tra la famiglia dell’imperatore romano Arkadios e il Patriarca di Costantinopoli, l’intera struttura fu rasa al suolo da un incendio.

Nel 415 d.C. fu l’imperatore Teodosio II a restituire alla città una seconda monumentale basilica composta da cinque navate. Questa volta i fedeli poterono contare su questo luogo di culto per poco più di un secolo. La struttura fu di nuovo colpita da un rovinoso incendio causato dalla sanguinosa sommossa del 532 d.C. (rivolte di Nika) contro il governo di Giustiniano.

Nel 532 d.C. fu lo stesso Giustiniano che, attestata la precarietà dell’edificio, fece demolire la basilica e decise di farne costruire una nuova, più imponente e più resistente.

Nel 537 d.C. fu inaugurata la monumentale basilica di Santa Sofia che tutt’ora è visibile ai turisti e ai fedeli che raggiungono la capitale turca. È l’opera di due noti architetti bizantini dell’epoca, Antemio di Tralle e Isidoro di Mileto, che immaginarono questo grande edificio fatto dei migliori materiali provenienti da tutto il Mediterraneo. Pietra gialla della Siria e pietra nera della regione del Bosforo per i marmi del pavimento e del soffitto. Porfido egiziano e marmi verdi della Tessaglia per le pareti e parti del pavimento. Più di 100 colonne vennero importate dai templi di Efeso, Delfi, Atene, Delo e Osiride. La grande cupola alta 56 metri, dal diametro di 30, è sorretta da 4 massicci pilastri.

Nel 1204, durante la quarta crociata, i cristiani latini ne presero possesso, depredarono le reliquie e la lasciarono fatiscente fino alla riconquista della città, avvenuta nel 1261, da parte dei bizantini. All’interno della basilica giace ancora la presunta tomba di Enrico Dandolo, doge di Venezia che guidò la crociata.

L’edificio fu poi ristrutturato e per più di 200 anni fu scosso solo da un terremoto nel 1300.

©The Republic of Türkiye Directorate of Communications

La svolta storica arrivò nel 1453 quando Maometto II, a capo degli Ottomani, prese la città e Santa Sofia. Metri e metri di calce furono stesi sui mosaici, vennero eretti minareti e fontane. Da quel momento Santa Sofia divenne una moschea e la maestosità dell’edificio fu d’ispirazione per tutte le future moschee.

Nell’800 furono eretti sulle pareti dei pannelli circolari in pelle di cammello che riportano in oro i nomi di Allah, del profeta Maometto, dei primi quattro califfi (Ali, Umar, Uthman e Abu) e dei due nipoti di Maometto, Hussein e Hassan.

Con l’avvento di Mustafa Kemal Atatürk, fondatore e primo Presidente della Repubblica di Turchia, nel 1935 Santa Sofia dismise i panni di luogo di culto e divenne ufficialmente un museo. Simbolo dell’opera di modernizzazione e secolarizzazione del Paese per mano del suo eroe nazionale Atatürk. Ponte di dialogo tra occidente ed oriente.

Un ponte però, crollato nel 2020. Questa volta il terremoto ha un nome e un cognome: Recep Tayyip Erdoğan, alla guida della Turchia da 20 anni. La sua è stata una lenta, ma irreversibile opera di decostruzione delle fondamenta del dialogo, in favore di un rinnovato “ottomanismo“. Il ritorno della Turchia alla sua identità islamica.

Dopo che il Consiglio di Stato ha stabilito l’illegittimità dell’atto di Atatürk, un decreto di Erdoğan ha ordinato il ritorno allo status di moschea. I tappeti sono tornati a coprire i marmi pregiati e l’iconografia cristiana è stata parzialmente nascosta. Così come il secolarismo turco.

Dichiarazione del Parlamento Europeo

Dichiarazione dell’UNESCO

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