SPECIALE – Klaipėda, il game changer della regione baltica

KLAIPEDA – È il 27 ottobre 2014 e una folla festante accalca la banchina del porto lituano di Klaipėda: c’è la Presidente Dalia Grybauskaite, il Primo ministro lettone Laimdota Straujuma, il ministro del Commercio estone Anne Sulling, il ministro norvegese per gli Affari dell’UE Vidar Helgesen e una folta rappresentanza di autorità americane, inglesi, finlandesi e svedesi. Sullo sfondo una nave fa il suo ingresso: è la Indipendence, impianto flottante di rigassificazione di gas naturale liquefatto (LNG). 

«Questo è un progetto geopolitico strategico che potrebbe decidere il futuro dell’intera regione, la Lituania diventerà un garante della sicurezza energetica per l’intera regione baltica». 

Dalia Grybauskaite, Presidente della Lituania dal 2009 al 2019

L’ambiziosa opera ancorata nel porto di Klaipėda, capace di produrre circa 4 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno, soddisferà e addirittura supererà il fabbisogno della Lituania. Con l’accesso ai mercati internazionali e operando a pieno carico sarà in grado si coprire il 75% del fabbisogno degli Stati baltici

Fu l’inizio di un riposizionamento nei rapporti di forza con la Russia che, attraverso il colosso Gazprom, ha sempre cercato di usare l’energia per tenere in ostaggio l’intera regione. E per la piccola cittadina portuale l’origine di una seconda vita.

Il colosso del gas russo Gazprom – Foto: Martin Griffiths

Nota ai più come scalo per crociere sul Mar Baltico, Klaipėda, 300 km a nord ovest della capitale Vilnius, è la terza città del paese con circa 160mila abitanti, nonché sede dell’unico porto sul Baltico operativo anche nei mesi più freddi quando il ghiaccio blocca la navigazione, è la vera perla dell’ex RSS Lituana.

Fondata nel 1252 dai cavalieri dell’Ordine Teutonico, la sua posizione privilegiata è stata una benedizione e un incubo per i suoi abitanti, vittime dei costanti attacchi dei vicini bramosi di sfruttare l’accesso al mare della piccola città anseatica. 

La maggior prosperità si ebbe sotto dominazione prussiana nel XV secolo e della Confederazione polacco-lituana nel XVI, mantenendo il medesimo confine fino al 1919 (la frontiera europea più longeva), quando venne posta sotto protettorato dagli Stati dell’Intesa in seguito al Trattato di Versailles

Distrutta e ricostruita più volte Memel, questo era l’originale nome datole dalle antiche tribù baltiche che la popolavano, divenne terra lituana nel ’23, ma in breve tempo subì l’occupazione dei nazisti nel 1939 e dei sovietici nel 1945

Nel ’90, dopo le elezioni politiche, la Lituania si dichiarerà primo Stato indipendente delle repubbliche socialiste sovietiche, ma solo dopo un anno di dure repressioni, culminate con gli scontri del gennaio 1991 e le condanne internazionali, la Lituania e con sé il suo porto strategico poterono tornare territorio libero.

Una vista dall’alto di Klaipėda – Foto: ©Comune di Klaipėda

Ora, tornando agli anni più recenti, possiamo individuare una serie di eventi che hanno legato le sorti geopolitiche della Lituania e dei suoi vicini allo storico porto di Klaipėda.

1Tra il 2005 e il 2009, in seguito al riposizionamento dell’Ucraina nella sfera filoeuropea, si apre una disputa sul prezzo del gas tra la Russia e Kiev. Il Cremlino si mette di traverso e in me che non si dica mezza Europa rimane a corto del prezioso combustibile. In Lituania, considerando i rapporti poco amichevoli e la quasi totale dipendenza dalle forniture russe, risuonò come un campanello d’allarme. Così, in linea con il nuovo pacchetto energetico varato dalla Commissione Europea e adottato dal Parlamento Europeo, si dà avvio alla creazione di meccanismi bilaterali e regionali di solidarietà; alla diversificazione di risorse e fonti di approvvigionamento e all’accelerazione di investimenti in infrastrutture energetiche

In poco tempo il porto di Klaipėda acquisisce lo status di terminale più importante del Baltico, surclassando l’eterna rivale Danzica, grazie alla scelta degli Stati Uniti di inviare qui i carichi di gas liquefatto (prodotti con la fratturazione idraulica) destinati al mercato dell’Europa orientale. 

La Lituania si dotò di un impianto flottante di rigassificazione, l’Indipendence, e più tardi si iniziò la costruzione del gasdotto GIPL (Gas Interconnection Poland-Lithuania), inaugurato poche settimane fa, che legherà Lituania, Polonia, Lettonia ed Estonia

L’interconnessione del gas tra Polonia e Lituania (GIPL) © European Union

Da allora l’intera nazione è passata dalla quasi totale dipendenza dal gas russo nel 2015, al 60% nel 2020, fino alla dichiarazione dell’attuale Premier Ingrida Symonite che, a poco più di un mese dallo scoppio della guerra in Ucraina, ha annunciato che la Lituania «non consumerà più un solo centimetro cubo del gas tossico russo». 

In questo contesto vale la pena ricordare come proprio la capitale lituana sia stata scelta come sede del Centro di Eccellenza per la Sicurezza Energetica della NATO, a conferma del ruolo strategico affidato a Vilnius nell’Europa orientale.

2.  Il progressivo deterioramento dei rapporti con la Bielorussia è stato un duro colpo per l’economia lituana. Prodotti petroliferi e chimici che ogni giorno viaggiavano sulle rotaie del Paese sono fermi da tempo: circa 18 treni merci ogni giorno dalla Lituania entravano in Bielorussia, di cui 12 provenienti dall’exclave russo di Kaliningrad

L’azienda Belaruskali, una delle compagnie di fertilizzanti più grandi al mondo, bielorussa, utilizzava il porto di Klaipėda per quasi il 90% delle sue esportazioni

Il presidente Lukashenko individuò subito Klaipėda come mezzo di pressione durante la crisi del 2020. Minsk minacciò di redirezionare l’intero flusso di merci dell’area ai porti russi di Primorsk e Ust-Luga nel Golfo di Finlandia.

L’impatto geopolitico di queste lacerazioni va oltre i rapporti bilaterali tra questi due Paesi. Tra i colpiti c’è soprattutto l’Ucraina, la quale dipende dall’accesso al porto lituano per una buona fetta del suo commercio con i paesi dell’Unione Europea. 

La principale rotta utilizzata è stata inaugurata nel 2003: definita rotta del “Treno vichingo” unisce Ucraina, Bielorussia e Lituania, oltre a intrecciarsi con altre ferrovie che danno accesso al Mar Caspio e al Mediterraneo.  

Rotta del “Treno vichingo” – Fonte : Ferrovie Bielorusse

Dal porto lituano entrano beni alimentari e farmaceutici, macchinari e veicoli, prodotti chimici e nucleari diretti a Kiev. Mentre dalla capitale Ucraina partono materiali ferrosi, macchinari, oli, cereali, prodotti chimici ed energetici. 

Intanto però, ci si sta riorganizzando e a quasi tre mesi dallo scoppio del conflitto russo-ucraino, anche se con costi maggiori e non poche difficoltà, la compagnia lituana Ltg Cargo sta sperimentando la rotta polacca per aggirare la Bielorussia.

In questo modo le merci ucraine, nonostante le difficoltà logistiche date dai diversi standard ferroviari, possono attraversare la Polonia, arrivare in Lituania e da lì prendere il largo dal Porto di Klaipėda. 

Un tema discusso anche in un recente incontro tra la Ministra per la Politica Alimentare e Agricola dell’Ucraina Mykola Solskyi, il Ministro dell’Agricoltura lituano Kęstutis Navickas e il Commissario Europeo per l’Agricoltura Janusz Wojciechowski, i quali hanno denunciato la necessità di trovare alternative possibili per smaltire gli oltre 20milioni di tonnellate di cereali fermi nei magazzini ucraini. «È molto importante sostenere l’Ucraina fornendo corridoi alternativi, ad esempio attraverso la Polonia, i porti del mar Baltico, la Lituania, il porto di Klaipėda» ha sottolineato Wojciechowski. 

3La Lituania ha un’economia aperta incentrata sulle esportazioni, ma negli ultimi anni anche per effetto delle sanzioni alla Russia, uno dei principali partner, è andata incontro a importanti trasformazioni. Da una parte ha aumentato i consumi interni, dall’altra ha iniziato a guardare a nuovi mercati, uno su tutti la Cina.

C’è stato un momento in cui il gigante asiatico voleva fare del porto di Klaipėda un naturale sbocco di una Via della Seta che partisse da Shanghai e passasse via Kazakhstan e Bielorussia, col colosso statale China Merchants Group pronto a insediarsi e investire nel porto sulla foce del fiume Nemunas. Poi lo stop.

«La Cina era interessata a investire di più nelle nostre infrastrutture e in altri settori che sono sensibili alla sicurezza nazionale – annunciò il Presidente lituano Nauséda -, ma abbiamo un sistema di screening nazionale per tali investimenti strategici». Prima di essere richiamato l’ambasciatore cinese a Vilnius dichiarò che «il commercio non è determinato solo dalle dimensioni di un paese. Anche un piccolo attore come la Lituania potrebbe diventare un grande attore come Singapore e i Paesi Bassi. La Lituania deve ancora presentare un’immagine amichevole e responsabile per i consumatori cinesi” concluse.

Lo scontro tra Davide e Golia non si è fermato al secco no di mettere le mani sul porto baltico. Lo scorso anno un rapporto del National Security Centre lituano affermava che dopo alcuni test eseguiti sui cellulari di due note aziende cinesi, una delle compagnie presentava strumenti di censura nei suoi dispositivi, l’altra aveva gravi difetti di sicurezza informatica. Il consiglio per i cittadini era quello di sbarazzarsi di quelli già acquistati e non comprarne nuovi, mentre il Ministero della difesa avrebbe varato una legge per vietarne l’acquisto da parte delle amministrazioni pubbliche.

Più recente invece, lo scontro sull’apertura a Vilnius di una rappresentanza ufficiale di Taiwan, descritta da Pechino come “un atto estremamente eclatante».

Inaugurazione dell’Ufficio di Rappresentanza Taiwanese a Vilnius –
Fonte : Ministero degli Affari Esteri, Repubblica di Cina (Taiwan)

Questa volta è intervenuta anche l’Ue che, attraverso il suo vicepresidente e commissario per il commercio Valdis Dombrovskis, ha citato in giudizio la Cina presso l’Organizzazione mondiale del commercio per aver preso di mira le merci lituane a causa delle relazioni con il piccolo stato di Taiwan e che in alcuni casi Pechino rifiuterebbe anche l’importazione di merci di Finlandia, Svezia e Germania che contengono componenti lituane.

Il sostegno arriva unanime da tutti i paesi membri: «c’è la convinzione che non sia solo una disputa tra Cina e Lituania, ma della Cina contro il mercato unico europeo – fanno sapere dall’Ue -, è possibile che altri paesi possano essere messi all’indice». 

È evidente che il piccolo paese baltico, circa 3milioni di abitanti e una enorme vulnerabilità dei suoi confini, negli ultimi anni si stia facendo portatore di interessi più grandi. Nuove reti di potere sono sorte nell’Europa post-comunista per contenere l’avanzata da oriente. 

La progressiva indipendenza dalle forniture di gas russo; la costruzione di infrastrutture energetiche che colleghino tutta l’area baltica fino a Varsavia; lo sviluppo di rotte commerciali che aggirino il vicino bielorusso, ultimo bastione di un blocco sempre più ostile all’occidente, fino alla rottura dei rapporti col Dragone rosso. Evidenze di un cambio di rotta che va oltre le ambizioni di un piccolo Stato. Analizzate oggi suonano come una lungimirante previsione dei fatti scoppiati in Ucraina. E in tutti questi eventi si ritrova l’importanza strategica di Klaipėda, il piccolo porto conteso per secoli e che in questo tumultuoso presente assume il ruolo di porta orientale della nuova cortina di ferro.

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